Pazienti con malattia aterosclerotica: gli ACE inibitori riducono il rischio di gravi eventi vascolari


Gli ACE inibitori riducono la morbilità e la mortalità cardiovascolare nei pazienti con insufficienza cardiaca o disfunzione sistolica ventricolare sinistra.

Tre studi clinici di ampie dimensioni hanno valutato l’effetto degli ACE inibitori nei pazienti stabili, senza le condizioni sopra descritte, ma con aterosclerosi.

E’ stata compiuta una revisione sistematica dello studio HOPE ( Heart Outcomes Prevention Evaluation ), EUROPA ( EUropean trial on Reduction Of cardiac events with Perindopril among patients with stable coronary Artery disease ) e PEACE ( Prevention of Events with ACE inhibition ).

L’analisi è stata effettuata su un totale di 29.805 pazienti, i quali erano stati assegnati in modo random ad ACE inibitore o a placebo, e seguiti per circa 4.5 anni.

I dati raggruppati dei 3 studi clinici, HOPE, EUROPA e PEACE, hanno mostrato che gli ACE inibitori riducono in modo significativo la mortalità per tutte le cause ( 7.8 versus 8.9%; p = 0.0004 ), la mortalità cardiovascolare ( 4.3 versus 5.2%; p = 0.0002 ), l’infarto miocardico non fatale ( 5.3 versus 6.4%; p = 0.0001 ), tutti gli ictus ( 2.2 versus 2.8%; p = 0.0004 ), l’insufficienza cardiaca ( 2.1 versus 2.7%; p = 0.0007 ), il bypass coronarico ( 6 versus 6.9%; p = 0.0036 ), ma non l’intervento coronarico percutaneo ( 7.4 versus 7.6%; p = 0.481 ).

L’outcome composito di mortalità cardiovascolare, infarto miocardico non fatale o ictus si è presentato nel 10.7% dei pazienti allocati all’ACE inibitore e nel 12.8% in quelli trattati con placebo ( odds ratio, OR = 0.82; p < 0.0001 ).

La revisione ha evidenziato che gli ACE inibitori riducono il rischio di gravi eventi vascolari nei pazienti con aterosclerosi, ma senza evidenza di disfunzione sistolica ventricolare sinistra del ventricolo sinistro o insufficienza cardiaca.
Secondo gli Autori, gli ACE inibitori dovrebbero essere impiegati in tutti i pazienti con aterosclerosi. ( Xagena_2006 )

Dagenais GR et al, Lancet 2006; 368: 581-588




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