L’impiego delle statine nei pazienti con malattia cardiovascolare riduce il rischio di sepsi


L’aterosclerosi e la sepsi condividono diverse similarità patofisiologiche tra cui l’alterata regolazione immunitaria, l’aumentata trombogenesi e l’infiammazione sistemica.

Uno studio, coordinato da Ronald Redelmeier del Sunnybrook & Women’s College Health Sciences Centre di Toronto ( Canada ), ha valutato la relazione tra statine e rischio di sepsi nei pazienti con aterosclerosi.

E’ stata compiuta un’analisi di database amministrativi dell’Ontario dal 1997 al 2002.
Sono stati identificati 141.487 pazienti di età superiore ai 65 anni che erano stati ospedalizzati per una sindrome coronarica acuta, ictus ischemico o rivascolarizzazione, che sono sopravvissuti almeno 3 mesi dopo le dimissioni.

I Ricercatori hanno selezionato una coorte di 69.168 pazienti, di cui la metà ha ricevuto una statina mentre l’altra metà no.

L’incidenza di sepsi è risultata più bassa nei pazienti che hanno ricevuto le statine rispetto ai controlli ( 71.2 versus 88 eventi per 10.000 persone-anno; hazard ratio, HR = 0.81 ).

L’associazione protettiva tra statine e sepsi si è mantenuta nel sottogruppo ad alto rischio, comprendente i pazienti con diabete mellito, insufficienza renale cronica o pazienti con una storia di infezioni.

Sono state osservate riduzioni significative della sepsi forma grave ( HR = 0.83 ) e della sepsi fatale ( HR = 0.75 ).
I farmaci ipolipemizzanti diversi dalle statine non hanno mostrato alcun beneficio.

L’impiego delle statine nei pazienti con aterosclerosi è associato ad un ridotto rischio di sepsi. ( Xagena_2006 )

Hackam DG et al, Lancet 2006; Early Online Publication




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XagenaFarmaci_2006