Esiti associati a tachicardia o fibrillazione ventricolare nell’intervento coronarico percutaneo


Ad oggi, non sono ancora note l’incidenza e il tempo d’insorgenza di tachicardia ventricolare sostenuta ( TSV ) o di fibrillazione ventricolare, e il loro impatto sugli esiti clinici dei pazienti con infarto STEMI ( infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST ) che devono sottoporsi a intervento coronarico percutaneo ( PCI ) primario.

E’ stata valutata l’associazione tra tachicardia ventricolare sostenuta o fibrillazione ventricolare e il tempo di insorgenza sugli esiti di pazienti che si erano presentati per intervento coronarico percutaneo primario, un’obiettivo non-prespecificato nello studio APEX AMI.
Lo studio ha coinvolto 5.745 pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST nel periodo 2004-2006.

I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi: nessuna tachicardia o fibrillazione ventricolare; tachicardia o fibrillazione ventricolare in qualunque momento; tachicardia o fibrillazione ventricolare precoce, prima della fine della cateterizzazione cardiaca; e tachicardia o fibrillazione ventricolare tardiva, dopo la fine della cateterizzazione cardiaca.

La principale misura di esito era rappresentata dalla mortalità a 90 giorni.

La tachicardia o fibrillazione ventricolare si è manifestata in 329 pazienti con infarto STEMI ( 5.7% ). La maggior parte dei casi si è presentata prima della fine della cateterizzazione cardiaca ( n=205, 64% ) e il 90% entro 48 ore dalla presentazione con sintomi di infarto STEMI.

Gli esiti clinici sono risultati peggiori nei pazienti con tachicardia o fibrillazione ventricolare rispetto a quelli senza ( mortalità a 90 giorni: 23.2% vs 3.6%; hazard ratio, HR aggiustato 3.63 ); gli esiti sono anche risultati non-favorevoli quando la tachicardia o la fibrillazione ventricolare si è manifestata in modo tardivo piuttosto che in modo precoce ( mortalità a 90 giorni per tachicardia o fibrillazione ventricolare precoce 17.2%, HR aggiustato 2.34; mortalità a 90 giorni per tachicardia o fibrillazione ventricolare tardiva 33.3%, HR aggiustato 5.59; mortalità a 90 giorni per assenza di tachicardia o fibrillazione ventricolare 3.6% ).

Nelle analisi multivariate, i fattori associati a tachicardia o fibrillazione ventricolare precoce includevano flusso TIMI 0 pre-PCI ( HR=2.94 ), infarto inferiore ( HR=2.16 ), deviazione totale del tratto ST basale ( HR=1.39 ), clearance della creatinina ( HR=0.88 ), classe di Killip superiore a I ( HR=1.88 ), pressione sistolica basale ( HR=0.92 ), peso corporeo ( HR=1.16 ), e frequenza cardiaca basale superiore a 70 battiti/min ( HR=1.10 ).

I fattori correlati a tachicardia o fibrillazione ventricolare tardiva comprendevano pressione sistolica ( HR=0.83 ), risoluzione del tratto ST inferiore al 70% ( HR=3.17 ), frequenza cardiaca basale superiore a 70 battiti/min ( HR=1.20 ), deviazione totale del tratto ST basale ( HR=1.43 ), flusso TIMI inferiore a 3 post-PCI ( HR=2.09 ), flusso TIMI 0 pre-PCI ( HR=2.12 ), e terapia con beta-bloccanti inferiore a 24 ore ( HR=0.52 ).

In conclusione, questo studio ha mostrato come il presentarsi di tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare, prima o dopo la fine della cateterizzazione cardiaca in pazienti presentatisi in ospedale per intervento coronarico percutaneo primario, sia risultata associata a un aumento della mortalità a 90 giorni. ( Xagena_2009 )

Mehta RH et al, JAMA 2009; 301: 1779-1789



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Cardio2009